L’incidenza delle fratture lombari in osteoporosi
Michele Covelli
IX Congresso Internazionale S.I.R.E.R. “Il rachide lombare”
Cappella Ducale di Palazzo Farnese - Piacenza 30 settembre - 2 ottobre 2004
Unità Operativa Reumatologia Universitaria A. O. Ospedale Policlinico Consorziale-Bari
L’osteoporosi è una malattia dello scheletro, caratterizzata da riduzione della massa ossea e
conseguente compromissione della resistenza dell’osso, che predispone il malato ad un aumento del
rischio di frattura. L’osso è continuamente sottoposto a processi di costruzione e di distruzione. La
costruzione, favorita dalla alimentazione (adeguata assunzione di calcio e vitamina D) e dalla attività
fisica, prevale dalla nascita sino all’età di 20-30 anni, momento in cui raggiunge il massimo livello.
Subito dopo inizia la perdita di massa ossea, che comunque viene equilibrata dalla contemporanea
produzione. Quando l’equilibrio tra costruzione e distruzione dell’osso si altera a favore della distruzione
compare la osteoporosi, condizione in cui si riduce il contenuto minerale osseo e quindi la sua resistenza
al carico. Questo significa che l’osso, divenuto più fragile, è più a rischio per la comparsa di fratture.
Condizioni che possono alterare l’equilibrio costruzione⁄distruzione sono la immobilizzazione, il fumo,
l’uso prolungato di cortisone e di altri farmaci, malattie delle ghiandole endocrine, la artrite reumatoide,
il malassorbimento, la insufficienza renale cronica, il trapianto d’organo. In questi casi si instaura una
osteoporosi secondaria a questi eventi. Va precisato che queste forme sono molto meno frequenti della
osteoporosi primitiva, che compare in età adulta (osteoporosi della post-menopausa) e anziana
(osteoporosi senile). La forma più classica è quella della post menopausa, che colpisce le donne a 55-75
anni, entro 15-20 anni dalla menopausa, ed è causata dalla ridotta produzione di ormoni (estrogeni) che
è tipica di questo periodo della vita. Nella osteoporosi della postmenopausa le ossa più colpite sono le
vertebre. La osteoporosi senile si manifesta a 70-85 anni di età, colpisce più le donne degli uomini, ed è
causata da una ridotta assunzione di calcio.
La malattia è a lenta progressione, asintomatica sino alla comparsa di complicanze rappresentate dalle
fratture. Il rischio di frattura costituisce la vera rilevanza clinica dell’osteoporosi. Ogni anno negli USA
vengono diagnosticate 1,5 milioni di fratture osteoporotiche. La possibilità di incorrere in una frattura
di origine osteoporotica nel corso della vita è decisamente elevata e si attesta intorno al 40% nelle donne
e al 12-13% nel maschio.
L’incidenza è diversa nei due sessi: nelle donne si assiste ad un precoce rischio di fratture vertebrali già
nei primi anni dopo la menopausa, mentre in età più avanzata aumenta drammaticamente il rischio di
fratture del femore; nell’uomo le vertebre sono meno colpite dalla malattia e le fratture di femore
rappresentano l’evento prevalente.
Nonostante nelle donne la comparsa delle fratture vertebrali sia precoce si ha una incidenza globale di
fratture nei diversi distretti corporei pressocchè sovrapponibile. La possibilità che compaia una frattura
osteoporotica è strettamente correlata all’età, sia negli uomini che nelle donne: nel periodo
postmenopausale sono più frequenti le fratture vertebrali, nella popolazione di età compresa tra 65 e 74
anni le fratture più frequenti sembrano essere quelle di polso; negli ultraottantenni le più frequenti
sono purtroppo quelle, assai temibili, del femore dovute a cadute con impatto su un’anca fragile per la
perdita ossea. Il numero di ospedalizzazioni a seguito delle complicanze della osteoporosi è elevatissimo
e determina un elevato impatto economico per la collettività; le fratture inoltre modificano la qualità
della vita e aumentano la mortalità. Le fratture vertebrali vengono distinte in prevalenti (se esistenti al
momento dell’osservazione) o incidenti (nuovi eventi fratturativi). Il numero di fratture prevalenti
predispone al maggior rischio di ulteriori fratture incidenti in un solo anno: 1 donna su 5 in menopausa,
che ha subito una frattura vertebrale, ne subirà un’altra entro 1 anno. Le fratture vertebrali non solo
sono predittive di nuove fratture vertebrali, ma sono predittive di fratture d’anca. A fronte della elevata
frequenza delle fratture osteoporotiche va notato che solo poche vengono diagnosticate. Una
manifestazione clinica di questa localizzazione è la progressiva riduzione in altezza della paziente che
vede la propria colonna incurvarsi ed il proprio addome distendersi spesso in assenza di sintomi. Altre
volte la comparsa di fratture vertebrali provoca un dolore acuto. Il rischio di frattura è strettamente
correlato alla densità minerale dell’osso: quanto più essa è bassa, tanto più il rischio di frattura è alto.
Pertanto la densitometria, che permette di stabilire il valore della densità minerale dell’osso e di
definire tre categorie di soggetti: normale, con osteopenia, con osteoporosi, offre la opportunità di
riconoscere i soggetti che sono a rischio di frattura. Questa indagine è senz’altro più sensibile della
tradizionale radiologia scheletrica che è in grado di rivelare la presenza di una riduzione della massa
ossea quando questa è pari almeno al 30%. Per tale motivo la diagnosi precoce di osteoporosi non è
possibile sulla base di un esame radiologico standard. Gli esami di laboratorio eseguiti sul sangue e
sulle urine non sono fondamentali per la valutazione del rischio nel singolo soggetto, ma possono essere
utili per un inquadramento diagnostico (identificazione di osteoporosi secondarie), per valutare la
velocità del rimodellamento osseo (turnover) e per documentare la risposta del paziente alla terapia.
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