Meccanobiologia del disco intervertebrale
Raimondi Manuela Teresa
LaBS, Laboratorio di Meccanica delle Strutture Biologiche -Dipartimento di Bioingegneria – Politecnico di Milano
Il disco intervertebrale collega i piatti di due vertebre adiacenti formando tra le stesse una
articolazione. Esso è formato dal nucleo polposo, costituito principalmente da fibre di collagene, e da un
anello periferico di strati fibrosi a obliquità incrociata. Il nucleo si trova così in un alloggiamento
elastico costantemente tenuto in pressione dai due piatti vertebrali adiacenti.
Nel disco intervertebrale, il tessuto cartilagineo è formato in prevalenza da cellule specializzate, i
condrociti, e da matrice extracellulare da essi prodotta. Non sono presenti capillari sanguigni e
terminazioni nervose.

Per questi motivi quando un danno a questo tessuto compromette la sua integrità strutturale non viene
messo in atto dall’organismo alcun meccanismo di riparazione, come avviene invece per altri tessuti
come quello osseo, la cute, il muscolo e altri.
La conseguenza di questo fenomeno è che il tessuto cartilagineo danneggiato continua ad essere esposto
a sollecitazioni meccaniche che ne peggiorano il danno fino a compromettere l’integrità dell’intero disco.
Questa condizione clinica compromette le funzionalità dell’articolazione e richiede un intervento
chirurgico radicale, in molti casi con la sostituzione dell’articolazione mediante una protesi artificiale.
Al momento attuale altri interventi, sia chirurgici che farmacologici, sono di scarsa efficacia e riescono
solo a mitigare il dolore ma non risolvono il problema che è destinato a degenerare col tempo.
L’importanza clinica di questa patologia è in continua espansione per due motivi, da una parte
l’invecchiamento della popolazione ne aumenta l’incidenza e la necessità di curare questi pazienti in
modo cronico, dall’altra per il continuo aumento di traumi che sono conseguenza dell’attività sportiva
anche in soggetti giovani.
Senescenza e processi degenerativi del disco intervertebrale sono la conseguenza di eventi biologici e
meccanici che destabilizzano il normale equilibrio tra sintesi e degrado di matrice extracellulare. Anche
se studi recenti hanno aumentato la conoscenza sugli eventi molecolari e cellulari coinvolti nel processo
di rimodellamento della matrice, la biologia e patogenesi delle cellule del disco intervertebrale è ancora
poco conosciuta. Per cercare di migliorare la conoscenza si stanno studiando metodologie innovative per
indurre la crescita dei condrociti in vitro con opportune miscele di fattori di crescita e mediante la
coltura di queste cellule in sistemi tridimensionali sottoposti a sollecitazioni meccaniche che
riproducono quelle a cui normalmente sono sottoposte le cellule del disco.

In natura il disco intervertebrale è sottoposto a sforzi meccanici statici e dinamici anche di intensità
rilevante durante le quotidiane attività fisiche. Tali stimoli alterano l’equilibrio biomeccanico in cui si
trovano le cellule e ne influenzano pesantemente l’attività sintetica. Questo avviene perché lo sforzo
meccanico deforma la matrice extracellulare, i cui spostamenti sono rilevati dai recettori delle cellule,
oppure deforma direttamente la membrana e il nucleo delle cellule, innescando nuovi processi
biochimici di sintesi. Gli sforzi meccanici giocano pertanto un ruolo importante nella produzione e
rigenerazione della cartilagine così come nei processi omeostatici del tessuto. In particolare, per quanto
riguarda l’omeostasi si può dire che il rimodellamento della cartilagine è decretato dal tipo di
condizionamento meccanico cui è sottoposta, e, in merito a ciò, si rileva una distinzione tra stimoli
statici e stimoli dinamici ciclici. I primi a lungo andare provocano una diminuzione dell’attività sintetica
così come una degradazione della matrice, mentre i secondi agiscono in maniera opposta. È quindi
assodato che la tipologia di stimolo meccanico più efficace per la produzione di cartilagine è quella
dinamica.
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