Acquisizione della posizione eretta e sue conseguenze
Applicazioni pratiche
J. Dubousset
IX Congresso Internazionale S.I.R.E.R. “Il rachide lombare”
Cappella Ducale di Palazzo Farnese - Piacenza 30 settembre - 2 ottobre 2004
Importanza della nozione di vertebra pelvica nell’equilibrio del rachide
Applicazione alla chirurgia della colonna lombare, in particolare lombare,
nel bambino e nell’adolescente
Molti insuccessi, specialmente meccanici, che si manifestano sul piano funzionale, sul piano estetico, sul
piano doloroso o sul piano della limitazione dei movimenti accadono con una frequenza non trascurabile,
principalmente dopo correzione chirurgica delle deformazioni del rachide. Essi sono da mettere in
relazione, nella maggior parte dei casi, con problemi di disequilibrio della statica globale del tronco.
Questi disequilibri possono esistere prima della chirurgia e sono allora non completamente o per niente
corretti, ma essi possono essere assenti prima della chirurgia e perciò sono determinati dall’intervento
chirurgico stesso.
Nei tempi passati, prima che i trattamenti di osteosintesi del rachide fossero impiantati, i disturbi di
disequilibrio post-operatorio erano relativamente poco frequenti poiché le atrodesi vertebrali erano
realizzate semplicemente attraverso cruentazione ed innesto, il paziente era in seguito posizionato in un
gesso post-operatorio ed egli si riequilibrava tanto bene che male, in modo che non si ottenessero quei
disequilibri che si ottengono attualmente a causa della potenza degli strumenti di correzione.
Questo ci ha condotto a riflettere molto specificatamente sulla comprensione di questi problemi di
equilibrio globale del rachide e ci ha portato a definire, da molto tempo, i principi basilare dell’equilibrio
dell’insieme del tronco nell’uomo e, quindi, ad applicare in un secondo momento le conseguenze nella
terapia chirurgica.
Principi base dell’equilibrio del corpo umano
Principi
Il primo concetto è che si deve considerare la colonna vertebrale nel suo insieme, compresa la massa ed
il volume intero della testa nella parte alta e del bacino nella parte bassa.
In effetti la testa nelsuo insieme può essere considerata come la prima vertebra. Essa pesa fra i 4,5 ed i
5,5 kg. e deve essere considerata come la prima vertebra della colonna vertebrale, dato che
embriologicamente si sa che l’occipitale è di sviluppo vertebrale.
Dall’altra estremità, l’insieme del bacino può essere considerato come una sola vertebra e dunque la più
distale. È il motivo per il quale noi l’abbiamo chiamata vertebra pelvica. Questa vertebra pelvica che ha
ben più gradi di libertà che l’1,5 di mobilità che esiste a livello dell’articolazione sacro-iliaca, come è
stata misurata da WHITE e PANJABI. Si sa che questa mobilità aumenta molto leggermente al
momento del parto a causa dell’azione degli ormoni materni e fetali per permettere una maggiore
facilità al passaggio del neonato. In realtà questo grado di mobilità può essere considerato come molto
debole in relazione alla mobilità che esiste se si considera il bacino nel suo insieme come una sola
vertebra in rapporto dunque alla mobilità che esiste a livello della cerniera lombo-sacrale e a livello di
ogni articolazione delle anche.
In effetti questa vertebra pelvica è un osso intercalare fra il tronco e gli arti inferiori di importanza
estremamente significativa sia per la posizione eretta che per la posizione seduta.
Ad esempio, su di un paziente paralizzato agli arti inferiori e che è seduto permanentemente sugli ischii
(occorre notare d’altra parte che questa seduta non è rappresentata soltanto dagli ischii che sono due
punti d’appoggio molto deboli, ma dall’insieme del quadrilatero rappresentato dagli ischii e dalla faccia
posteriore delle cosce). Perciò su questo paziente paralizzato, se l’insieme delle pressioni porta al bacino
che bascula in avanti, si determina automaticamente un’importante lordosi della regione lombare per
recuperare l’equilibrio umano che consiste nel fatto che lo sguardo sia sempre il più orizzontale possibile
e che il peso della testa si presenti pressappoco nell’asse di gravità del corpo.
Al contrario, sempre su questo paziente paralizzato, quando questa vertebra pelvica bascula all’indietro,
la colonna lombare per recuperare l’equilibrio cefalico si mette in cifosi, sempre allo scopo di mantenere
testa e tronco nella posizione eretta. Essendo la posizione eretta, sia verticale che seduta, la definizione
stessa dello spazio umano (homo sapiens erectus).
In posizione verticale, i due piedi determinano una superficie che si definisce il poligono di
sostenimento, la situazione della vertebra pelvica svolge perfettamente il suo ruolo, in maniera
altrettanto importante, per ristabilire l’equilibrio nello spazio dello scheletro umano. Se si prende la
verticale, la perpendicolare a questa superficie detta poligono di sostenimento e sia che si scelga il
centro di questa superficie, sia che si disegni la perpendicolare ottogonale a questa superficie, si può così
determinare l’asse di riferimento tridimensionale della gravità per le diverse situazioni spaziali dei
differenti componenti dell’uomo. Si potrà in tal modo pensare che questa linea di gravità in cui i piani di
riferimento sagittali e coronali si incrociano e normalmente questo asse corrisponde al filo a piombo
immaginario che si farebbe scendere dall’odontoide quando l’equilibrio è perfetto.
In tal modo l’equilibrio dell’uomo nello spazio può essere definito come lo stato del paziente che, in piedi
o seduto, in posizione eretta, ha i diversi elementi del suo corpo allineati con l’asse di gravità nelle tre
dimensioni e necessita per questo, quando si trova in questa posizione, di un minimo di funzione
muscolare.
La Tour Eiffel è ben equilibrata perché ogni suo piede, se così si può dire, è un poco mobile con una certa
idroelasticità, in modo tale che essa può adattare i suoi movimenti causati dal vento con i movimenti
che possono essere determinati dalla reazione del terreno.
Il rachide equilibrato è per me il sinonimo dell’economia dell’energia necessaria a questo equilibrio. In
effetti ciò mi è stato dimostrato parecchio tempo fa da Paul Lecoeur come si è visto. Questo mi ha fatto
capire quale era l’equilibrio globale e questa importanza dell’equilibrio per economicizzare il lavoro
muscolare.
D’altra parte questo è stato ulteriormente ben misurato dai avori di Madame Duval-Beaupère con il
baricentrometro, questo strumento capace di determinare il centro di gravità delle parti orizzontali del
corpo umano e di allinearle nello spazio, e questo è confermato ogni giorno dall’esame dei pazeinti che
permette di determinare che l’asse di gravità di un paziente passa dall’apofisi odontoide proprio dietro
al centro delle teste femorali, per un paziente in piedi. Questo spinge evidentemente sul concetto di cono
di economia nel quale, quando il rachide è posizionato all’interno di questo piccolo cono, il paziente può
restare in piedi pressocché senza alcuna funzione muscolare, cosa che è stata provata da studi
elettromiografici. In questa situazione, gli stress provocati sulle strutture del rachide sono minimi, se
non assenti, e d’altra parte si sa bene che quando il paziente, anche se deve subire un’artrodesi
vertebrale relativamente limitata, è ben assestato in questa posizione, egli può essere sottoposto a
fusione senza che abbia il benché minimo bisogno di un’osteosintesi per mantenere le vertebre l’una con
l’altra. Al contrario quando un paziente si trova in una posizione di disequilibrio, quando ad esempio il
bacino che rappresenta la vertebra pelvica si trova in anteversione e che non vi è possibilità di lordosi
compensatrice, egli cade in avanti, i muscoli spinali posteriori sono in permanenza in procinto di
funzionare e si fonde in questa situazione, non sarà solamente doloroso, ma alla lunga qualsiasi
strumento, per quando solido sia, finirà per avere una frattura e per sbriciolarsi.
Evidentemente la condizione degli arti inferiori è importante, in particolare per i pazienti in posizione
verticale, ed un atteggiamento scorretto bloccato o irriducibile a livello di un ginocchio, a livello di un
piede, può mettere in completo disequilibrio l’individuo e benché vi siano parecchi gradi di libertà fra la
pianta del piede e la vertebra pelvica che possono compensarsi ed aggrapparsi gli uni agli altri, ci sono
situazioni che determineranno degli squilibri che non potranno essere risolti ed altrettanto meno
risolvibili della rigidità, che sarà significativa, dei segmenti sottogiacenti. L’esempio più evidente di
questa importanza degli arti inferiori e della loro situazione nello spazio per l’equilibrio è quella di un
debole motore cerebrale che, in equino, in flesso di ginocchio, in flesso di anche e di lordosi, arriva
atenere in piedi. Quando l’equino è soppresso da un allungamento disastroso di Achille, si tuffa allora in
avanti e non è più in grado di recuperare il suo equilibrio.
L’equilibrio deve essere studiato nelle tre dimensioni:
In statica
L’equilibrio coronale deve avere una ripartizione degli sforzi che circondano la colonna vertebrale con
altrettanti sforzi che si collocano sul lato destr e sul lato sinistro.
L’equilibrio sagittale deve dimostrare che l’asse sagittale che parte dall’odontoide quindi dal tragus per
sommi capi sull’individuo in piedi, deve cadere a livello del centro del poligono di sostentamento
rappresentato dalle due impronte plantari e dalla superficie che esse determinano e che questa linea
deve passare dietro alle teste femorali. Questo comporta come conseguenza su questa statica di profilo
che la lordosi lombare deve accordarsi con l’inclinazione pelvica. I lavori di Madame Duval-Beaupère su
questo tema sono molto significativi poiché hanno dimostrato in modo formale che la forma anatomica
del bacino, in particolare nell’angolo sagittale che è stato definito incidenza, che parte dalla
perpendicolare al piatto sacrale e che va sino alla parte centrale della testa femorale, quest’angolo, che è
un angolo anatomico variabile da un paziente ad un altro e da un individuo ad un altro, determina
automaticamente l’importanza della lordosi necessaria perché il tronco sia equilibrato.
Incidenza, angolo lombo-sacrale, pendenza e versione pelvica sono i punti essenziali dell’equilibrio
sagittale dell’individuo che ben dimostrano l’importanza di questa situazione del bacino nello spazio
come osso intercalare.
Infine, l’equilibrio orizzontale sempre su questo piano statico, è significativo poiché ogni situazione di
torsione del bacino sul piano orizzontale determina automaticamente una controtorsione a livello degli
arti inferiori per recuperare lo squilibrio orizzontale indotto da questa situazione.
Sul piano pratico, è un elemento che si osserva benissimo nel paziente con motore cerebrale invalido in
osizione seduta, quando c’è un’asimmetria significativa a livello della sua mobilità delle anche, il bacino
non ha più appiombo visto dall’alto, è in avanti da un lato e arretrato dall’altro, gli arti inferiori si
mettono in abduzione da un lato e in inversione dall’altro e quindi questa situazione determina una
torsione globale della vertebra pelvica che non può essere recuperata, perché lo sguardo resti
orizzontale, che per una controtorsione in senso inverso del rachide sottostante.
D’altro lato, su di un paziente in posizione verticale, il passo pelvico che è stato ben definito e descritto
da Ducroquet, si trova in situazione asimmetrica quando c’è una retrazione da un lato e questa
situazione determina quindi dei movimenti di recupero sottogiacenti a livello delle articolazioni
vertebrali che alla lunga conducono, quando il difetto persiste, ad un surmenage, ad un’artrosi
localizzata e a fenomeni dolorosi.
Ma ciò che può essere ancora più importante di questo equilibrio statico, è l’equilibrio dinamico da
considerare. Questo equilibrio è in relazione con la mobilità della colonna vertebrale nelle tre
dimensioni, ad esempio in avanti ed indietro per esplorare il piano sagittale, destra per esplrare il piano
coronale, e rotazione sinistra per esplorare il piano orizzontale.
Attualmente io esamino i miei pazienti in questo modo nell’esame clinico, prima di poter arrivare a
misurarli molto minuziosamente, si vedrà come, perché per me più che l’angolo residuo di una scoliosi
che non ha valore di per sé (correggere una scoliosi del 50%, del 30%, del 75% o del 90% non ha in realtà
un grande rilievo se questa correzione porta alla conseguenza che le zone lasciate libere al di sotto delle
zone sottoposte ad artrodesi non siano ben equilibrate nello spazio). E il motivo per il quale io preferisco
valutare i pazienti in posizione statica ed in posizione dinamica e verificare c’è al di sotto delle zone
sottoposte ad atrodesi tanta mobilità anteriore che posteriore, la più simmetrica possibile, tanta
mobilità verso destra e verso sinistra la più simmetrica possibile, tanta mobilità sul piano orizzontale
attraverso torsione destra e attraverso torsione sinistra.
Quando la statica è pressocché rispettata e la dinamica permette questi movimenti con una simmetria
relativamente buona in rapporto all’asse di gravità, si può considerare che i dischi lasciati liberi
sottostanti all’artrodesi potranno sopravvivere per diversi anni e questo è stato chiaramente dimostrato
su di un rilevante numero di casi.
Al contrario quando ci si trova in una situazione di asimmetria ed in particolare quando non si può
riconquistare completamente la linea di equilibrio in almeno un momento ed in tutti i casi la situazione
si aggrava con un’artrosi che appare dallato in cui le pressioni sono più significative, uno stiramento
ligamentoso dal lato opposto al disequilibrio, fatica muscolare, dolori ed infine deterioramento più o
meno rapido, ma spesso molto rapido, del risultato.
Senza parlare dell’evoluzione sulle articolazioni sopra e sottostanti, sottostanti a livello delle anche,
delle ginocchia e dei piedi, sottostanti a livello delle articolazioni del rachide cervicale che sostiene la
testa ed il suo considerevole peso.
Misure dell’equilibrio e dello squilibrio
Clinica
Statica, è il filo a piombo misurato tanto bene sul piano coronale che sul piano sagittale. Sul piano
coronale deve passare strettamente a livello della piega fra i glutei, quando non c’è disuguaglianza degli
arti inferiori. Di profilo, lo si è già detto, l’asse di gravità deve passare proprio dietro alla testa femorale.
Quando si sale leggermente sulla colonna vertebrale, si deve anche tener presente la situazione della
testa in relazione al rachide in questa situazione statica e di come la specie umana tende sempre a
cercare di ottenere lo sguardo orizzontale, sia di fronte che di profilo, si comprende che certe
malformazioni vertebrale che danno un’inclinazione permanente della testa rischiano di determinare
dei fenomeni di compenso sottostanti nel rachide non malformato per tentare di recuperare questa
nozione basale. Di profilo è la stessa cosa, quando ad esempio una carenza di flessione anteriore della
testa per una retrazione ad esempio dei muscoli della nuca tende a far sollevare lo sguardo al soffitto, il
paziente per cercare di recuperare lo sguardo orizzontale avrà come unica soluzione quella di mettersi
in cifosi toracica o più spesso lombare per ritrovare questa nozione di orizzontalizzazione.
Nella misura dinamica di questo equilibrio, sempre sul piano clinico, ci si può aiutare con la palpazione
alternativa dei muscoli paravertebrali passando da un appoggio monopodale all’altro appoggio
monopodale. Se si avverte che i muscoli paravertebrali si contraggono e si rilassano in modo abbastanza
simmetrico nel momento in cui vengono effettuate queste manovre, si può pensare che l’equilibrio
dinamico sia corretto. Se, al contrario, si ha una contrattura permanente che non cede il passo di fronte
al passaggio da un appoggio monopodale all’altro, si deve dedurre che vi sia una situazione conflittuale
permenente di questa zona e che alla lunga essa non potrà che condurre ad un deterioramento
anatomico.
Misure attraverso le immagini
Le radiografie danno un’idea globale abbastanza buona della statica del tronco a condizione che, ben
inteso, esse siano state prese in condizioni rigorose, ma esse non forniscono che un’istantanea. Se si
vuole avere un’idea della mobilità, questa diventa estremamente invasiva e non tollerabile con
l’esposizione ai raggi X.
L’IRM che è poco invasiva, permette di detectare, relativamente presto, segni di degenerazione discale e
segni di degenerazione muscolare, ma non fornisce molte informazioni sulla dinamica e quando si vuole
realmente effettuare misurazioni dinamiche, il fattore errore è estremamente importante. Questo ci ha
condotto, in collaborazione con l’equipe di ENSAM, con uno scopo sino ad oggi di sola ricerca, a studiare
un certo numero di pazienti, grazie ad un sistema di camera ad infrarossi che permette di misurare
realmente nello spazio e nelle tre dimensioni i movimenti dei diversi settori del corpo a livello degli arti
inferiori, ed anche a livello del tronco e della testa.
Ciò permette di quantificare e di studiare perfettamente sia l’aspetto statico che quello dinamico, i
diversi segmenti normali o anormali del rachide, includendo ovviamente il bacino, la testa e gli arti
inferiori.
Grazie ad un piano di forza, si può misurare, registrare allo stesso tempo, le forze che si esercitano sotto
la pianta del piede e la loro direzione nello spazio. Ciò ci ha già dimostrato degli elementi relativamente
interessanti che non si immaginavano tanto esattamente attraverso l’esame clinico, in particolare
l’importanza del riequilibrio del bacino sotto un’artrodesi vertebrale che scende un po’ troppo bassa o
per la quale non è stata data sufficiente lordosi o in senso inverso.
Grazie a questa nuova situazione del bacino post operatoria, il paziente riconquista una parte del suo
equilibrio preoperatorio, perfino lo corregge totalmente, e ben inteso perché questo possa funzionare
occorre che le articolazioni che sono situate fra il bacino e gli arti inferiori siano di buona qualità e che
in particolare a livello delle anche vi sia un’estensione sufficiente.
Gli ultimi traguardi in queste indagini derivano dallo sviluppo del sistema EOS a ridotta dose di
irradiazione che permettono una radiografia simultanea di fronte e di profilo in posizione verticale e
delle ricostruzioni in 3D del rachide, pelviche, toraciche e degli arti inferiori, che permettono una reale
analisi in 3D dell’insieme dello scheletro del tronco e degli arti inferiori. Abbinate alle misure esterne, si
comprende l’interesse che esiste a monitorare non soltanto la crescita dei bambini, ma anche la
degenerazione del rachide adulto nelle 3 dimensioni e a determinare le conseguenze terapeutiche.
Conseguenze sul piano terapeutico
Questa nozione è stata effettivamente per noi fondamentale nella correzione delle deformazioni del
rachide con o senza bacino obliquo ed è partendo da questa nozione che montaggi sono stati realizzati
diversi e che ad esempio sono state sviluppate diverse tecniche di correzione di anomalie. Prenderò in
esame solo due esempi.
Il primo è la spondilolistesi a sacro verticale nella quale tutti considerevano lo scivolamento e nella
quale in effetti la concretizzazione del successo del risultato non dipende per niente dallo scivolamento,
ma dal riorientamento della vertebra pelvica nello spazio e quando questa è ottenuta, la qualità del
risultato morfologico ed anche funzionale è evidente e gli insuccessi che si possono avere malgrado tutte
le tonnellate di materiale che si può utilizzare quando questo riequilibrio della vertebra pelvica non è
ottenuto.
Il secondo esempio è quello della correzione dei bacini obliqui paralitici quando si è cominciato a
prendere come base di riferimento la vertebra pelvica e correggendo questa in rapporto al piano futuro
della posizione seduta o la posizione in piedi del paziente è il ristabilire un equilibrio statico e dinamico
corretto.
Uno dei migliori esempi è quello di un paziente che presentava una poliomielite, che non camminava,
per il quale si era corretta la sua colonna vertebrale, cosa grazie alla quale egli ha potuto camminare
per qualche tempo, ma poiché si era omesso di fissare la sua vertebra pelvica, egli si è riportato a poco a
poco in flessione e non ha ritrovato una possibilità di camminare e di stare in piedi che grazie alla
fusione di questa vertebra pelvica al suo rachide in una soluzione di economia per i suoi poveri muscoli
paralitici.
Questo gli ha permesso di essere in piedi e di deambulare con semplici strumenti, quando prima non
aveva mai camminato e noi abbiamo adesso circa 15 anni di regresso.
Queste riflessioni sull’importanza della postura del rachide in relazione all’equilibrio del bacino mi sono
sembrate interessanti da riferirvi poiché esse sono il frutto dell’esperienza che ho potuto avere su questi
soggetti da una trentina d’anni ed esse sono tutte basate sul fatto che l’uomo è costruito in maniera tale
che realizza nella normalità un’economia formidabile dell’energia che è in grado di fornire quando ne ha
bisogno, ma su di una durata relativamente breve.
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